Politica

Milano Pride 2018, il neo presidente Fontana: "La Regione non darà il patrocinio"

Secondo il neo governatore si tratta di un "evento divisivo", mentre verrà rifatto il Family Day

Pride a Milano

Ha detto di volerne parlare con gli alleati. Ma la sua posizione è chiara: fosse solo per lui, la Regione Lombardia non dovrebbe patrocinare il Milano Pride, perché «divisivo». Lui è Attilio Fontana, neo eletto presidente della Regione, leghista e già sindaco di Varese per dieci anni. «A Varese non l'ho mai patrocinato», ha spiegato in una intervista a Lettera 43.

«Io sono eterosessuale, ma non è che faccio una manifestazione per accreditare la mia eterosessualità», ha affermato il presidente della Regione: «Le scelte in questo campo devono rimanere personali, sbandierarle è sbagliato». Nella stessa intervista, Fontana ha confermato invece la bontà del Family Day e ha annunciato che verrà nuovamente organizzato.

«La famiglia - ha dichiarato il governatore - rappresenta uno dei principali punti di riferimento del programma dell'amministrazione precedente e di questa. Lo rifaremo e non credo sia una scelta divisiva, tutti riconoscono il valore della famiglia. E' nella Costituzione ed uno dei fondamenti della nostra civiltà».

Milano Pride, la Regione e il patrocinio

E' una storia complicata, quella del patrocinio della Regione al Milano Pride, e si è giocata tutta in casa Lega. Il patrocinio è assegnato dall'ufficio di presidenza del consiglio regionale, composto da cinque membri: tre di maggioranza (presidente del consiglio regionale compreso) e due di opposizione. 

Nella passata consiliatura (2013-2018, a guida di Roberto Maroni), l'ago della bilancia è stato il leghista Fabrizio Cecchetti, vice presidente del consiglio regionale e favorevole al patrocinio a titolo personale, nonostante la diversa opinione sia della coalizione di centrodestra sia del suo partito. Cecchetti è stato ora eletto alla Camera dei Deputati e non è più al Pirellone.

Nel 2014, votò a favore del patrocinio unendosi a Sara Valmaggi (Pd) e Eugenio Casalino (5 Stelle), sconfiggendo quindi Raffaele Cattaneo (Area Popolare) e Daniela Maroni (Lista Maroni Presidente) e il loro voco contrario. Ne seguirono aspre polemiche. Il capogruppo leghista di allora, Massimiliano Romeo, bollò quella di Cecchetti come «scelta a titolo personale», mentre fu durissimo l'allora consigliere comunale (oggi in Regione) Massimiliano Bastoni, che definì il Pride un evento «violento» e «contro la morale».

Nel 2015 la replica esatta: patrocinio approvato con il voto determinante di Cecchetti, che dichiarò che «i diritti non si misurano» e che «si tratta di cittadini lombardi come tutti gli altri, e le istituzioni non possono voltare la testa dall'altra parte solo perché esprimono una sessualità diversa». E nel 2016, ancora una volta, Cecchetti votò a favore del patrocinio.

Nel 2017, invece, il leghista decise di astenersi, impedendo l'approvazione del patrocinio. Le polemiche, questa volta, arrivarono da sinistra (Sel, Pd e Radicali). Ma l'interessato replicò che, nel frattempo, era stata approvata la Legge Cirinnà sulle unioni civili. Secondo Cecchetti, insomma, «grossi passi in avanti» a fronte dei quali non aveva più senso imbarcarsi in polemiche. E pazienza se proprio nel 2017, in Cecenia, scoppiò lo scandalo degli omosessuali torturati e imprigionati, e l'attivista Lgbt milanese Yuri Guaiana fu arrestato a Mosca mentre portava davanti al tribunale milioni di firme raccolte in tutto il mondo per chiedere, semplicemente, l'avvio di un'inchiesta.


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