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Un racconto di musica e parole per ricordare Falcone e Borsellino

Teatro Regio di Torino

Martedì 28 giugno al Piccolo Teatro Strehler va in scena L'eredità dei giusti, un racconto in musica e parole che rievoca, nella loro trentesima ricorrenza, i tragici eventi di Capaci e Via D’Amelio.

Lo spettacolo

Lo spettacolo è diviso in tre parti narrativamente e temporalmente riconoscibili: Le Stragi, La Reazione e Il Presente. Musica, immagini, canto e narrazione si intrecciano con delicatezza e intensità ai documenti video originali messi a disposizione da Rai Teche, e alla drammaticità della voce di Paolo Borsellino che, dopo la morte di Giovanni Falcone, denuncia l’isolamento in cui era stato lasciato l’amico. Orrore, paura e senso di sconfitta, lo sgomento di un intero paese, la morte della speranza, l’Italia in lutto: questo emerge con forte intensità. E ancora, i rimandi poetici a Gesualdo Bufalino, il ricordo corale di quei giorni, che dal senso di sconforto vira al desiderio di riscatto, individuale e collettivo; ecco, dunque, le assemblee, le piazze gremite, il coraggio dei giovani, il riaffermarsi dei valori imprescindibili: verità, giustizia, onestà. Infine, Il Presente, che si interroga su quale sia l’eredità lasciata dai Giusti.

Un'erdedità "ingombrante"

«L’eredità dei giusti è una eredità ingombrante – dice Marco Tutino –. Perché ci costringe a sapere che contro l’ingiustizia, la violenza, il sopruso e l’arroganza della criminalità e della mentalità mafiosa si può lottare, si può dire no. Falcone e Borsellino ce lo chiedevano allora, e continuano a chiedercelo ogni volta che li ricordiamo, in pubblico e in privato: non giratevi da un’altra parte, non abbassate lo sguardo. È un invito al quale non ci si può sottrarre soprattutto oggi, quando tutto ci sembra troppo forte e invincibile e inaffrontabile solo con la nostra fragile e indifesa volontà individuale. Questo racconto per musica, canto e parole recitate è il nostro modo di ribadire la possibilità di ribellarsi, e di non dimenticare chi lo ha fatto per tutti noi. In una terra complicata e bellissima, che ha visto nascere accanto al male una grande Poesia e la profondità di un pensiero prezioso. Un racconto di testimonianze e di speranza, amplificate dalla musica non di scena, bensì protagonista anch’essa».

Una sfida allo Stato

«L’eredità dei giusti – spiega la regista Emanuela Giordano – scava nella memoria e rievoca lo sgomento del nostro paese, quando, nel 1992, l’Italia si ritrova orfana di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. I due magistrati vengono uccisi a poche settimane di distanza uno dall’altro, insieme agli uomini delle loro scorte. Esattamente dieci anni prima, sempre a Palermo, la mafia uccideva il Generale Dalla Chiesa, sua moglie e un agente di scorta. Con le stragi di Capaci e Via D’Amelio, ribadisce la sua volontà di sfidare lo Stato e lo fa in modo eclatante. Ma le stragi provocano una reazione popolare che i mafiosi forse non si aspettavano. Un fiume umano si riversa nelle strade chiedendo giustizia. L’ omertà della borghesia siciliana si schianta contro un’ineluttabile verità: è tempo di reagire, di non avere paura, di essere uniti». Purtroppo, il cammino è ancora lungo: se la criminalità organizzata, oggi, ha smesso di uccidere secondo quello schema, non ha perso la sua pericolosità, anzi, si è insinuata tra le pieghe della società, indossando una maschera di apparente rispettabilità.


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