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Simon Hernandez: archetipi e totem nell'espressionismo di un Gauguin selvaggio

“Archetipi e totem nell’espressionismo di un Gauguin selvaggio”  è il titolo della mostra che dal 3 di ottobre sarà aperta presso la Galleria Hernandez a Milano in Via Copernico 8, conclusione di un percorso che ha visto una ricercatissima capsule di capispalla esposta al White Milano, il principale salone italiano moda, dal 21 al 24 settembre scorso.

Suprema, azienda che si occupa di luxury outerwear, si è affidata a un maestro della pittura, il venezuelano Simon Hernandez, artista scomparso nel 1996, per la fodera realizzata dalle seterie comasche di alcuni capi in pelle iniziando un legame con la figlia Consuelo che cura la Fondazione intitolata al padre.
Le opere di Hernandez sembrano nate per questo connubio felice, prezioso e non rumoroso. L’arte come messaggio di vita. Un’offerta di creatività che incontra  lo stile di un abito e lo caratterizza senza prevaricarlo.

È la riscoperta di un artista contemporaneo che, a differenza dei suoi colleghi di pennello, di spirito e di nazionalità, ha portato la sua terra in Europa e qui l’ha imposta con orgoglio multicolore e multietnico.

A Milano si potrà godere fino al 7 novembre delle suggestioni venezuelane di Hernandez in una esplosione da surrealismo sudamericano che torna con prepotente attualità: più di 40 opere ripercorrono la sua carriera artistica tra funambolismi stilistici, archetipi tropicali che sembrano fuggiti da una giungla arcaica e foreste virili che si offrono con la grazia femminile.
La particolare intonazione di poesia figurale. Lo sguardo. La visione ferma nelle immagini. Tutto contribuisce a interpretare l’espressione di una vita e di una natura dilatata e fantomatica, eppure vera: una vita che Simon Hernandez ha dipinto e disegnato nell’intreccio tra il mito e la cronaca, tra il sogno e il presente. L’artista evoca la natura come mitologia quotidiana, slogata e pungente, ironica e umorale, guizzante d’energia e di ambigue magie.
Nei suoi quadri, negli spigolosi lampi d’invenzione di cui si lascia accendere, Simon Hernandez è stato sempre pittore fino in fondo, pittore nel dettaglio di ogni evocazione e di ogni colore, nel baluginio del segno o della scarna pennellata a cogliere con emozione vitalistica, ogni volta, il miraggio dell’onirico nel gioco d’ombre della memoria.
Tra sarcasmo, malizia e melanconia, esplora nella galleria del suo immaginario le tracce di una domestica antropologia dell’anima. Nei suoi racconti esistono figure preponderanti, oltre allo schermo brulicante dei colori magri e spolpati, le leggende e gli archetipi della cultura latinoamericana, da Pablo Neruda a Lam, da Matta a Garcìa Marques. Eppure questi echi, questi riaffioranti grumi nativi di Lui venezuelano divenuto europeo di cui impasta tutta l’opera, mai diventano preponderanti, mai soverchiano l’individualità unica del suo accento.


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