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La Cina di Victor Segalen

Considerato testo di riferimento da personaggi come Bruce Chatwin, Fosco Maraini e Tiziano Terzani, “Equipée” fu redatto in occasione di una spedizione archeologica attraverso la Cina e pubblicato postumo nel 1929. Un diario di viaggio ma soprattutto una scorribanda nel cammino e nella scrittura, un libro sul viaggio e sulla filosofia del viaggio. In una lettera del 1914 a Jules de Gaultier, l’autore scrive: “il mio viaggio prende decisamente il valore di un’esperienza genuina: un confronto vero e proprio sul terreno dell’immaginario e del reale, tutto guardato con gli occhi del Poeta”. Qui, in questo poema in prosa di altissima visionarietà e al tempo stesso di totale aderenza al reale, dove tutto è impronunciabile, Segalen racconta i paesaggi reali e sensoriali con una potenza e una leggerezza che incantarono Debussy e Claudel e che tuttora scuotono il lettore attento. Non meraviglia dunque che l’evasione fisica e intellettuale nella parola di Victor Segalen abbia trasformato per sempre il senso e il destino della letteratura di viaggio.

Victor Segalen (1878-1919) scrittore, poeta, etnografo, archeologo è uno dei grandi intellettuali “irregolari” del Novecento francese. Imbarcato come medico di marina, nel 1903 giunge a Tahiti dove scopre le ultime opere di Gauguin e la civiltà maori traendo ispirazione per Les Immémoriaux. Nel 1909 parte per la Cina, dove soggiornerà a più riprese fino al 1914 prendendo parte a importanti e avventurose spedizioni archeologiche. Dall’incontro con la cultura cinese nascono opere come René Leys, Il Figlio del Cielo, Stèles ed Equipée. Muore in circostanze misteriose a Huelgoat nel 1919. La maggior parte dei suoi testi, rimasti inediti in vita, saranno riscoperti e pubblicati a partire dagli anni Cinquanta del Novecento..


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