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Io non sono un gabbiano

Un funerale. Quello di Arkadina, la celebre protagonista del capolavoro cechoviano. Così inizia “Io non sono un gabbiano”, una drammaturgia originale, frutto del lavoro di scrittura della Compagnia Oyes, che si confronta per la seconda volta con un testo di Cechov, dopo il successo di “Vania”.

Note di regia

Nella nostra rivisitazione del classico cechoviano è sempre l’amore a dominare le relazioni e i conflitti tra i personaggi, un amore inquinato dal bisogno di essere considerati e apprezzati, tra narcisismo e rappresentazione, un amore performativo che reclama attenzione e originalità.

“Sono necessarie forme nuove, e se non ce ne sono allora niente è necessario” questo è l’assunto che muove Kostia. Il giovane artista prova a sganciarsi dalle convenzioni di cui la madre è simbolo sgretolando i confini tra finzione e realtà con una sovrapposizione di piani che stravolge qualsiasi rapporto interpersonale. Ogni personaggio è pedina più o meno consapevole di questa dinamica e tutto diventa performance: dalle più semplici e “banali” dichiarazioni d’amore al momento della morte, ultimo grande show.

Sembra che i personaggi di questa commedia facciano di tutto per non essere felici, come se ci fosse una inesorabile tensione al fallimento. I pochi che provano a togliersi la morte di dosso risultano patetici, ridicoli o si scoprono già morti. Non sarà né il successo né l’illusione di una vita migliore a salvarli dalla melma in cui galleggiano. Forse solo la consapevolezza, la capacità di sopportare una vita infelice, mettendo da parte quei sogni di gloria così tremendamente vivi in gioventù.

Un quadro spietatamente tragicomico di una società devitalizzata senza azione e senza speranza.

“Voi rimproverate la mia obiettività” scriveva Cechov a Suvorin “la chiamate indifferenza al bene e al male, mancanza di ideali e via dicendo. Vorreste che, descrivendo i ladri di cavalli, dicessi ‘rubare è male’. Ma questo è già noto anche senza di me. Per condannarli ci sono i giudici, a me spetta di mostrarli come sono e basta”.


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