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Bella donna

Un dramma velenoso e terreno
di Michele Giuriola
con Lorenzo Di Donato, Filippo Massaro, Federico Papa

"Atropa belladonna. Il nome deriva dai suoi effetti letali e dal suo utilizzo cosmetico: nel Rinascimento le dame usavano un collirio basato su questa pianta per dilatare le pupille, dando lucentezza agli occhi. Ma Atropo è anche il nome della parca che taglia inesorabilmente il filo della vita: infatti è anche una pianta velenosa, dagli effetti letali.

E’ proprio quest’arbusto a dare il titolo al nostro nuovo dramma. Un dramma carcerario la cui azione prende spunto da alcune sequenze tratte dal romanzo Suttree di Cormac McCarthy.

Se nell’opera originale queste sequenze hanno un sapore quasi comico (forse tragicamente comico), in questo lavoro i momenti che sembrano più “leggeri” sono solo l’attimo di sospensione all’interno di una tragedia, e di una violenza che appare come inevitabile.

La Belladonna è a suo modo protagonista nella storia, e diventa in controluce una sorta di metafora del veleno che entra in circolo all’interno di questo microcosmo fatto di costrizione e violenza, abitato da tre uomini: i detenuti Bud e Arp, e la guardia Wilson, ognuno inevitabilmente schiavo della propria indole.

Belladonna è un dramma profondamente “terreno”, e non solo in senso figurato. Ho voluto che i protagonisti, ad eccezione di Wilson, personaggio secondario ed “esterno” al rapporto tra Arp e Bud, fossero spesso a contatto col pavimento; è un dramma, questo, da guardare con gli occhi bassi.

Arp e Bud sono crudelmente “schiacciati”, ma il suolo è anche ciò a cui tornano nei momenti di tranquillità. Esclusi da un mondo per loro lontano, e che conoscono solo come fatica, continuano comunque ad essere in contatto con la terra. E benché questo possa apparire scomodo a chi osserva, per loro è più confortevole di quanto possa esserlo qualsiasi contatto umano".

Mik Giuriola


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