Cronaca

«Sono stata zitta, anche se sapevo che mio padre aveva ucciso mamma»

"Per un anno non ho detto nulla a mio padre, pur sapendo che lui e gli altri avevano ucciso mia madre, cercavo di autoconvincermi che non era andata così": questa l'agghiacciante testimonianza di Denise Garofalo, nel processo contro il padre

La conferenza stampa dei carabinieri, quando la collaboratrice di giustizia Garofalo era scomparsa

"Per un anno non ho detto nulla a mio padre, pur sapendo che lui e gli altri avevano ucciso mia madre, cercavo di autoconvincermi che non era andata così, anche se sapevo che quella era stata la sua inevitabile fine".

Con queste parole e con una voce da ragazza, ma decisa e sicura, Denise, la figlia di Lea Garofalo - la donna calabrese che venne sciolta in 50 chili di acido dall'ex compagno, un affiliato alla 'ndrangheta - ha testimoniato davanti ai giudici della prima Corte D'Assise di Milano, dietro un paravento e a pochi metri dal padre, chiuso nella gabbia degli imputati. Denise, 19 anni, si è costituita parte civile nel processo a carico del padre, Carlo Cosco, e di altre 5 persone, ritenute vicine a una cosca della 'ndrangheta del Crotonese e tutte imputate a vario titolo per il sequestro e l'omicidio della donna, avvenuto a Milano.

La donna, stando alle indagini, sarebbe stata uccisa come punizione per la sua collaborazione con la giustizia su fatti che riguardavano l'ex compagno e il suo clan. Davanti ai giudici, la ragazza ha ripercorso tutta la vita passata a fianco alla madre, "una donna sola e solitaria, proprio per le scelte che aveva fatto, con cui avevo uno stretto legame, come tra amiche". Ha raccontato degli anni passati, tra il 2002 e il 2008, saltando da una città all'altra all'interno del "programma provvisorio di protezione", a cui poi la donna rinunciò perché non si sentiva comunque tutelata, cercando di riallacciare i rapporti con l'ex compagno per "salvaguardare la vita della figlia e la sua". Poi la giovane ha descritto quella sera a Milano, il 24 novembre 2009 (gli arresti sono dell'ottobre 2010), in cui "l'hanno fatta sparire".

Anche la ragazza era a Milano quel giorno e la madre non arrivò mai alla cena a casa dei parenti del padre. "Io aveva capito, ma a mio padre non gliel'ho fatto capire", ha detto la ragazza, sempre con decisione. "Sono stata un anno con loro, ho giocato con i loro figli, pur sapendo che avevano ucciso mia madre". Intanto, però, i carabinieri riempivano i verbali con i suoi racconti e gli inquirenti indagavano. E quando il pm Marcello Tatangelo le ha chiesto perché non avesse mai detto nulla a suo padre, lei le ha risposto: "Dovevo fare la stessa fine di mia madre?" (ansa).


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