Cronaca

Gabriele Marchesi non sarà estradato in Ungheria (ed è libero)

La decisione della Corte d'Appello di Milano nella stessa giornata in cui, a Budapest, sono stati negati i domiciliari a Ilaria Salis, che risponde dello stesso reato di Marchesi: la presunta aggressione a militanti neonazisti nel mese di febbraio del 2023 nella capitale ungherese

Gabriele Marchesi in Tribunale a Milano (Furlan/LaPresse)

Nel giorno in cui il tribunale di Budapest ha negato a Ilaria Salis, di 39 anni, la detenzione ai domiciliari, la Corte d'Appello di Milano ha respinto la richiesta dell'Ungheria di estradare Gabriele Marchesi, di 23 anni, considerato complice della donna nella presunta aggressione ad alcuni militanti neonazisti, l'11 febbraio 2023, durante un raduno di estrema destra. L'Ungheria aveva spiccato un mandato d'arresto europeo per Marchesi, eseguito a Milano dalle forze dell'ordine italiane il 21 novembre del 2023. 

Tra i motivi della decisione, il "rischio reale di un trattamento inumano e degradante" in Ungheria, con "reali rischi di violazione dei diritti fondamentali", nonché la sproporzionalità tra l'ammontare della pena che Marchesi rischierebbe (massimo 16 anni, come un tentato omicidio) e i fatti contestati (che in Italia sarebbero trattati come lesioni).

Il no all'estradizione è stato deciso giovedì 28 marzo in sesta udienza. Da questo momento, dunque, Marchesi non è più agli arresti domiciliari, dove si trovava dallo scorso novembre in attesa della decisione dei giudici. Il sostituto procuratore generale Cuno Tarfusser aveva chiesto di non estradare Marchesi in Ungheria, affermando che lo Stato magiaro "ha abbandonato e si è allontanato dall'idea e dai principi giuridici che stanno alla base dello spazio unico europeo". Richiesta a cui si è associato il legale del giovane, Mauro Straini.

Sulla decisione hanno certamente pesato (parecchio) le condizioni inumane di detenzione in carcere descritte, negli scorsi 13 mesi, da Ilaria Salis, che ha denunciato sporcizia nelle celle, denutrizione e anche di essere accompagnata al guinzaglio e in catene dalla polizia penitenziaria durante gli spostamenti, come del resto si è potuto osservare alle udienze pubbliche del processo alla donna, anche giovedì mattina, quando i giudici ungheresi hanno poi negato i domiciliari per lei.


Si parla di