Cronaca

Saronno, il medico e l'infermiera: uccidere per "punire" le vittime

Anche un carabiniere indagato: aveva ricevuto due segnalazioni ma non avrebbe fatto nulla

Laura Taroni, l'infermiera sotto accusa

Sembra che all'ospedale di Saronno fosse piuttosto facile, per gli "interni", impossessarsi delle medicine e portarle via. Pare che nessuno, di fatto, compisse verifiche sugli ammanchi. E' uno degli aspetti che la procura e gli investigatori approfondiranno con attenzione, nell'inchiesta che ha fatto emergere due presunti assassini (l'anestesista e l'infermiera, amanti tra loro) ma ha anche scoperchiato un sistema di assenza di controlli che ha portato a una decina abbondante d'indagati.

Eppure due medici del nosocomio, tra il 2011 e il 2012, avevano denunciato per iscritto ai carabinieri gli strani esami del sangue di Massimo Guerra, marito della Taroni: lettera morta, due fax rimasti sulla scrivania del comando saronnese, e per questo motivo anche un carabiniere è finito sotto indagine. Sarà interessante, un giorno, capire perché il militare non fece nulla. 

Loro due, il medico 60enne Leonardo Cazzaniga e l'infermiera 39enne Laura Taroni, sono in carcere, rispettivamente a Busto Arsizio e Como, e il gip li ha già interrogati. Il primo ha negato sostanzialmente l'addebito di omicidio volontario, la seconda s'è avvalsa della facoltà di non rispondere. A Cazzaniga sono stati negati i domiciliari.

Le intercettazioni mostrano un quadro davvero inquietante. Il marito e la madre della Taroni, sospettati di avere una relazione, muoiono in circostanze strane, entrambi vengono cremati (per impedire le indagini sui cadaveri?), entrambi erano stati sottoposti a farmaci che non avevano a che fare con il loro stato di salute, entrambi di fatto dovevano essere "puniti" per colpe vere o presunte. Si è detto dei sospetti di Taroni sul giro di escort del marito oppure sulla relazione con la madre di lei. Quest'ultima, poi, troppo invadente dopo che la figlia è rimasta vedova, troppo contraria alla relazione della figlia con Cazzaniga.

Drammatico il momento della morte della madre. Nei giorni precedenti sembra conducesse la vita di sempre. Maria Rita Clerici entrò improvvisamente in coma intorno alle sette e mezza di una serata. L'ambulanza arrivò quasi due ore più tardi, evidentemente chiamata con un ritardo inspiegabile soprattutto visto che siamo davanti a un'infermiera e un medico. 

Dalle intercettazioni emergono poi altri casi. Come quello di Giacomino Angelinetta, ex fidanzato di una parente dell'infermiera. Colpevole di essere un "lavativo", di approfittare della "Dolli" (la parente), andava "punito". L'uomo non fu poi ucciso, ma nel merito la Taroni e Cazzaniga discutevano di "morte cardiaca improvvisa, diversa dall'arresto cardiaco". Per gli inquirenti si stavano "preparando".

LA COMMISSIONE INTERNA - FUGA DALL'OSPEDALE DI SARONNO

Altri indagati, oltre a Laura Taroni, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Primo tra tutti il dottor Nicola Scoppetta, primario del pronto soccorso di Saronno e fra i componenti di quella commisssione istituita per far luce sull'operato di Cazzaniga. I pm avevano chiesto, per Scoppetta, gli arresti domiciliari (per omessa denuncia e favoreggiamento), ma il medico di origini pavesi è stato "salvato", per ora, dal gip, che li ha negati. Scoppetta è però stato comprensibilmente sospeso dal ruolo di primario del pronto soccorso.

La commissione di fatto assolse Cazzaniga. Per il dottor Paolo Valentini, per esempio, la maggiore percentuale di morti tra i pazienti di Cazzaniga sarebbe stata dovuta al fatto che a Cazzaniga venivano affidati i casi più gravi. Insomma, è tutta statistica. Per il già citato Scoppetta, "le scelte dei farmaci sono condivisibili e basate sulla dimestichezza d'uso". Per il dottor Fabrizio Frattini, l'incremento delle dosi dei farmaci è dovuto al noto fenomeno della tolleranza, e le segnalazioni sull'operato dell'anestesista sono dovute alla "mancanza di adeguato dialogo e condivisione delle decisioni". 

Un medico legale che faceva parte della stessa commissione, Maria Luisa Pennuto, si limita a fidarsi dei colleghi: "Non posso che affidarmi al giudizio espresso da Frattini e Scoppetta". L'unico richiamo pare essere quello di invitare Cazzaniga a evitare di riferirsi al "protocollo Cazzaniga" quando parla dei suoi cocktail. L'uomo della strada si chiede quale sia stato il contributo di simili conclusioni e di una simile commissione, i magistrati daranno risposta in merito.

FUGA DALL'OSPEDALE DI SARONNO

In ospedale tira una brutta aria. Il prevosto di Saronno, don Armando Cattaneo, ha distribuito ai fedeli una lettera in cui invita a non fare di tutta erba un fascio. Se c'è stato bisogno di questo, significa che davvero i saronnesi non si fidano più del loro nosocomio. E come dar loro torto? Di fronte a due persone, non una ma due, che potevano agire indisturbate e decidevano la vita e la morte di un paziente, di fronte alla sostanziale assoluzione da parte dei colleghi riuniti per valutare l'anestesista, come dar torto alle decine di persone che disdicono le prenotazioni per le visite, anche le più banali, oppure preferiscono rivolgersi ad altri ospedali se hanno bisogno del pronto soccorso?

I medici, comprensibilmente dal loro punto di vista, tentano di difendersi: affermano che non conoscevano il "protocollo Cazzaniga" e che l'ospedale è e resta un sicuro punto di riferimento per la comunità, ma è altrettanto comprensibile che un paziente in attesa di essere operato chieda all'anestesista se anche lui è come Cazzaniga. Ci vorrà tempo: un ospedale è oggi sotto i riflettori non solo perché Cazzaniga e Taroni facevano quel che è emerso, ma anche perché dall'interno sarebbero stati "protetti", o almeno questa è l'accusa. La fiducia si riconquista lentamente. 


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