Cronaca

Nuovo caso di meningite a Milano: uomo ricoverato al San Paolo, avviata la profilassi

Gli ultimi casi avevano riguardato una ragazza di 17 anni, un ragazzino di 14 e una neonata

Immagine di repertorio

Gli ultimi casi avevano riguardato una ragazza di 17 anni, un ragazzino di 14 e una neonata. Ora, un uomo di 41 anni, impiegato e residente a Milano, è stato ricoverato mercoledì sera all'ospedale San Paolo di Milano con febbre alta e altri sintomi riconducibili a meningite che, giovedì mattina, dopo il prelievo del liquor, è stata confermata. L'uomo ora si trova ricoverato nel reparto di malattie infettive, in condizioni non critiche.

Avviata immediatamente la profilassi per i contatti stretti per cinque familiari e quaranta colleghi di lavoro. Al momento sono in corso ulteriori esami per l'identificazione del ceppo. Secondo quanto comunicato dall'assessore al Welfare di Regione Lombardia Giulio Gallera.

L'uomo si è sentito male martedì scorso, quattro aprile, accusando febbre alta e brividi, ha spiegato l'assessore. "I sintomi si sono acuiti con la comparsa di vomito e rash cutaneo che lo hanno spinto a chiamare la guardia medica, la quale ha immediatamente disposto il trasferimento al pronto soccorso dell'ospedale San Paolo".

A febbraio erano morte due donne, e l'attenzione era stata molto alta: gia da gennaio c'è un boom di prenotazione per i vaccini.

CHI E' A RISCHIO CONTAGIO

“Il meningococco - ha informato l’Ats, l’agenzia tutela della salute - è un batterio che si trasmette da persona a persona attraverso le goccioline e le secrezioni di naso e gola. Normalmente non determina malattia, in alcuni casi può diventare aggressivo per l’organismo e causare meningite o sepsi”.

“Sono a rischio di contagio - prosegue la nota - chi ha avuto contatti ravvicinati con la persona malata per un periodo di tempo non breve, indicativamente maggiore di quattro ore. In questo caso si parla di contatto stretto".

Per i contatti stretti è indicato effettuare tempestivamente una chemioprofilassi con antibiotico specifico, al fine - ha concluso l’Ats - di ridurre il rischio di malattia”.
 


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