Cronaca

E' morto Angelo Epaminonda, boss criminale a Milano e poi pentito

Confessò 14 omicidi. Iniziò come braccio destro di Francis Turatello, poi fu il "re" delle bische, delle scommesse, della prostituzione e della cocaina

Angelo Epaminonda

E' morto Angelo Epaminonda, famoso criminale della "mala" milanese. La morte risale in realtà ad aprile 2016, ma si è saputa soltanto ora, perché il boss è stato convocato come testimone in un processo (quello per l'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia) ma, come è evidente, la sua testimonianza non sarà possibile. Era nato a Catania nel 1945 e si era trasferito bambino in Brianza, insieme ai suoi genitori. Detto "il Tebano", iniziò la "carriera" nel crimine gestendo alcune bische clandestine per conto del potente boss Francis Turatello, per poi prenderne il posto quando questi venne arrestato. 

Epaminonda, prima con Turatello e poi da solo e anzi contro di lui, controllò - sulla piazza di Milano - le scommesse clandestine dei cavalli, le bische, lo sfruttamento della prostituzione e anche il traffico di cocaina. Non disdegnava la violenza per "mettere ordine" tra le beghe di bande avverse. Negli stessi anni '70 veniva in auge, nella stessa Milano, anche Renato Vallanzasca, inizialmente acerrimo nemico di Turatello finché, entrambi in carcere, i due non divennero amici. 

Con la morte di Turatello, nel 1981, ucciso nel carcere di Nuoro (si suppone su ordine della nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo), Epaminonda divenne "re" incontrastato e incontrastabile della "mala" di Milano. La squadra mobile di Milano, però, era sulle sue tracce. E nel 1984 lo arrestò, individuandolo in via Silva (zona Fiera) dove era latitante. Un curioso aneddoto: un agente di polizia pronunciò la parola d'ordine in dialetto catanese per farsi aprire la porta dal Tebano, e questi, immediatamente ammanettato, si congratulò con il poliziotto per la pronuncia perfetta.

Ben presto Epaminonda divenne collaboratore di giustizia. Grazie alle sue rivelazioni (ci tenne a giurare di non aver mai venduto un grammo di eroina) furono arrestate circa 120 persone. Scontò una condanna a 29 anni di carcere, trascorsi quasi sempre fuori dalle celle per le agevolazioni concesse ai pentiti, e nel 2007 tornò libero, trasferendosi in Centro Italia con una nuova identità. Confessò 14 omicidi. 

IL GIORNALISTA ARRESTATO
RIVELO' CHE EPAMINONDA ERA PENTITO

Nel 1985, il cronista de Il Giornale Paolo Longanesi venne arrestato per avere scritto che Angelo Epaminonda si era pentito e stava "cantando". La confessione del Tebano era ovviamente esplosiva e di grande aiuto per i magistrati che indagavano sulla "mala" milanese, per questo - sempre secondo i magistrati - la cosa doveva rimanere assolutamente segreta. Vien da chiedersi: se era segreta, perché raccontarla ad un giornalista? 

Fatto sta che Longanesi venne ammanettato. E in modo assolutamente eclatante. Lo presero a mezzogiorno, durante una conferenza stampa alla caserma dei carabinieri di via Moscova dove Longanesi era in veste di cronista. Lo portarono in isolamento per tre giorni, poi lo scarcerarono. 

L'accusa? Favoreggiamento e pubblicazione di notizie destinate a rimanere segrete. Di favoreggiamento furono accusati anche Enzo Passanisi (capo della cronaca) e Indro Montanelli (il direttore): questi non stette in silenzio ma si scagliò contro la magistratura per quella che riteneva un'accusa ridicola e per la «teatrale procedura d'arresto». A Longanesi venne anche interdetta la professione di giornalista per un mese: ma in realtà, come avrebbe rivelato lo stesso Montanelli, Longanesi non smise di scrivere: lo fece senza firmare i "pezzi".


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