Cronaca

Doping, ma solo per "migliorare l'autostima": assolto dal giudice

Il giovane è riuscito a dimostrare che l'assunzione delle sostanze dopanti non era finalizzata a migliorare prestazioni sportive

Non assumeva sostanze dopanti per migliorare le proprie prestazioni agonistiche o sportive, ma soltanto per aumentare la sua autostima nella vita di tutti i giorni. Per questa ragione la giudice di Milano Ombretta Malatesta ha assolto un giovane di 27 anni, residente in provincia di Milano e originario della Puglia, finito a processo dopo che i carabinieri del Nas avevano trovato nella sua abitazione, nel 2016, una quantità enorme di sostanze classificabili come doping.

Il giovane, secondo quanto hanno potuto dimostrare i suoi avvocati, assumeva sostanze dopanti per migliorare il proprio aspetto fisico (insieme all'attività di bodybuilding interamente in casa propria) per sentirsi "all'altezza" in qualsiasi situazione sociale, anche uscire con i propri amici. In altre parole, il 27enne (fin dall'età di 16 anni, tra l'altro) soffre di una generale "ansia prestazionale" per rimediare alla quale ha lavorato a lungo sull'aspetto del proprio corpo. 

Questa esigenza aveva portato anche il padre a preoccuparsi e far avviare al figlio un percorso psicologico. In questo quadro, la giudice milanese ha recepito che il 27enne non aveva la disponibilità di sostanze dopanti per scopi sportivi o per rivenderle ad altri. Dal punto di vista tecnico-giuridico, quindi, manca l'elemento soggettivo del reato di doping, pur restando fermo quello oggettivo (che prevederebbe pene fino a tre anni di reclusione).

Risultato: il giovane è stato assolto. L'assunzione di queste sostanze non era finalizzata - scrive la giudice - "esternamente in direzione di gare o di competizioni sportive" ma era semplicemente "il veicolo principale attraverso il quale" il 27enne combatteva la propria "fobia sociale".


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