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Epatiti infantili in Lombardia: 1 bimbo grave, è stato trapiantato

I due piccoli hanno 6 e 11 anni: sono all'ospedale di Bergamo

Un'operazione

2 per ora i casi di epatite in Lombardia. Sono ricoverati all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo i due bambini colpiti da epatite acuta di eziologia ignota. Uno ha 11 anni e una bambina ha 6 anni: il primo ha avuto la necessità di un trapianto. I casi di epatite acuta a eziologia ignota non sono nuovi e anche a Bergamo se ne affrontano diversi ogni anno. In tutta Italia la situazione è sotto stretto monitoraggio, e proprio due giorni fa la Sigenp, Società italiana, gastroenterologia patologia e nutrizione pediatrica - area fegato pancreas (di cui è coordinatore Angelo Di Giorgio, pediatra epatologo del Centro epatologia e trapianti pediatrici dell'ospedale Papa Giovanni di Bergamo) ha lanciato uno studio finalizzato a fotografare la situazione italiana in merito ai casi di epatite acuta.

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L'obiettivo è quello di capire quanti sono i casi in questo momento in trattamento in tutta Italia, se siano maggiori rispetto agli anni passati o se addirittura si stia verificando un incremento anomalo.

Giovanni Di Perri, infettivologo, sui casi di epatite acuta grave di origine sconosciuta che ha colpito diversi bambini tra i 2 e i 5 anni in alcune parti d’Europa aveva sottolineato a Inews24 che “le indagini fatte al momento sembrano escludere, ad esempio, un agente per via alimentare. Nel 70% dei casi è stato isolato l’adenovirus 41, che però è associato a banali infezioni che possono anche interessare il tratto gastroenterico sotto forma di diarrea. Epatiti di questa gravità non sono attribuite, in genere, all’adenovirus 41”.

L’infettivologo spiega che i dati disponibili non sono abbastanza: “In questo momento è difficile capire di cosa si tratta. Il fatto che interessi i bambini e non gli adulti potrebbe riguardare l’assenza di una precedente memoria immunitaria maturata nella vita. Però questo non basta e non sembra trattarsi di bambini immunodepressi. È molto inquietante. Gli stessi dispacci non vanno oltre quello che dico, quindi in questa fase, formulare un’ipotesi è molto azzardato. È chiaro che il problema è da osservare molto attentamente. Sono certo che in Inghilterra stiano facendo tutti i rilievi necessari anche di microscopia elettronica sulle feci e una serie di caratterizzazione dei campioni”. 

Di Perri aggiunge che “la cosa è inquietante, francamente non sembra nulla di tipico. Lo screening dei virus noti sono tutti negativi e in questo momento non c’è nessuna associazione col consumo di particolari alimenti. I casi sono geograficamente lontani, per cui non sembrano esserci nemmeno fattori in comune come, ad esempio, l’inquinamento di un acquedotto”. 


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