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Così Milano estrae energia e ricchezza dalle fogne

La società che gestisce i 40 depuratori della CIttà metropolitana di Milano (Gruppo Cap) ha trasformato gli impianti in bioraffinerie da cui ricavare materie prime ed energia. Ecco come funziona

Il depuratore di Robecco (foto Cap Holding)

Sabbia per impastare il calcestruzzo, materie prime nobili, ma anche energia, oltre (ovviamente) ad acqua pulita che viene restituita all'ambiente. Sono una risorsa le fogne della Città metropolitana di Milano. Acque nere che vengono trattate da 40 impianti di depurazione del gruppo Cap, società che si occupa del servizio idrico integrato in tutta l’ex provincia di Milano e che ha trasformato quello che era considerato un rifiuto in un materiale da utilizzare. Per dirla in sintesi: ha trovato una sorta di miniera d'oro dove tutti vedevano solo liquami. Letteralmente.

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Tutto è iniziato poco prima della pandemia quando la Città metropolitana di Milano ha rotto gli indugi e approvato le norme sull’end of waste: in altre parole, ciò che fino a qualche tempo fa era considerato come un costoso e complicato rifiuto da smaltire si è trasformato in una risorsa da sfruttare. "Fino a pochi anni fa i fanghi da depurazione venivano generalmente considerati scarti e pertanto un costo e dunque finivano in discarica - ha spiegato a MilanoToday Alessandro Russo, amministratore delegato del gruppo Cap -. Cambiando approccio e considerando i fanghi come risorse, invece, riusciamo a estrarre materie prime come biometano, fertilizzanti e altri sottoprodotti ad alto valore aggiunto per il settore dei chemicals, come fosforo e azoto. Non solo, si possono ottenere anche materiali come fertilizzanti, bioplastiche, cellulosa e minerali".

Estrarre materie prime dalle fogne, comunque, non è un processo immediato. I materiali e l’energia recuperata sono un prodotto secondario: “Il nostro obiettivo principale è quello di depurare le acque per restituirle all’ambiente”, ha puntualizzato Davide Scaglione, responsabile della depurazione di Cap. Per capire come si trasforma l’acqua di fogna in materia prima e in energia bisogna partire dal processo di depurazione.

Tutto inizia con le acque reflue che confluiscono dai collettori fognari nell’impianto di depurazione. Gli impianti gestiti da Cap trattano sia materiale frutto di scarichi civili che industriali, anche se quest’ultimi sono la parte nettamente minoritaria (una frazione che varia tra il 5 al 10% in base all’impianto). Non solo, viene trattata anche l’acqua raccolta dalle caditoie stradali, dai “tombini” per intenderci. “Una volta che l’acqua entra nell’impianto subisce un primo filtraggio attraverso delle griglie. Vengono eliminati eventuali rifiuti come foglie, rami e altro - ha spiegato Gianluca Meraviglia, responsabile dei depuratori dell’area Nord di Milano -. Successivamente tutto passa nelle vasche di dissabbiatura e disoleatura; la sabbia che è più pesante precipita sul fondo, gli oli, invece, affiorano”. Proprio attraverso questo processo si recupera il primo materiale. La sabbia raccolta da tutti gli impianti, infatti, viene inviata nell’impianto di Robecco sul Naviglio (sempre di Cap), dove un macchinario la ripulisce per poi utilizzarla come materiale da costruzione.

La depurazione entra nel vivo con il "trattamento primario". "In questa fase, le acque reflue passano attraverso sedimentazione o flottazione per separare i solidi sospesi più fini e i materiali in sospensione - ha puntualizzato Meraviglia -. Durante la sedimentazione, i solidi più pesanti si depositano sul fondo, formando il fango primario, mentre durante la flottazione, i solidi più leggeri vengono separati dalla superficie”. Successivamente scatta il trattamento biologico: “Miliardi di microrganismi cellulari si nutrono delle sostanze disciolte in acqua”. I fanghi frutto della depurazione vengono separati, mentre l’acqua subisce un trattamento ai raggi ultravioletti necessario per uccidere batteri patogeni e dunque prevenire la diffusione di malattie. Infine viene reimmessa nell’ambiente.

I fanghi - che fino a qualche anno fa venivano trattati come rifiuti speciali - iniziano la loro nuova vita in questo preciso momento. “Tutto il materiale organico viene introdotto in un digestore, un ambiente caldo e povero di ossigeno dove i batteri degradano il materiale organico generando il biogas e un residuo solido - ha spiegato Scaglione -. Separando l'anidride carbonica (CO2) dal metano (CH4) contenuti nel biogas, si ottiene il biometano mentre il digestato può essere utilizzato come fertilizzante, dato che contiene molto azoto”.

La maggior parte del biogas prodotto viene utilizzato per azionare il funzionamento del digestore, alcuni impianti - come quello di Bresso - invece sono collegati alla rete e immettono biometano. Energia dalle fogne, ma anche dai rifiuti organici domestici. È il caso della biopiattaforma (sempre di Cap) di Sesto San Giovanni che in un anno ha trattato un totale di 11 mila tonnellate di Forsu (acronimo di frazione organica dei rifiuti solidi urbani) con l’immissione nella rete locale Unareti di oltre 400mila metri cubi di biometano. Ma l’impianto di Sesto è pronto a crescere arrivando a trattare oltre 30mila tonnellate di rifiuti all’anno, per produrre fino a 2,7 milioni di metri cubi di biometano, sufficienti a soddisfare la domanda di energia di 1.700 famiglie.

Fanghi da depurazione, materiale organico ma non solo. Anche altri tipi di rifiuti possono essere trasformati in biometano. In alcuni impianti, come quello di Canegrate (hinterland nord-ovest di Milano), è attivo un macchinario che recupera e avvia alla produzione di biogas cibo scaduto o liquidi di scarto di lavorazioni dell’industria agroalimentare. L’acqua utilizzata per lavare le cisterne di alcune aziende tra Milano e Lainate che producono caramelle e merendine (alimenti ricchi di zucchero) viene recuperata e smaltita sempre per la fermentazione nei digestori.

Nei depuratori non entrano solo liquami. “A volte capita che nelle griglie finiscano anche animali come tartarughe - ha spiegato Gianluca Meraviglia -. Spesso riusciamo a salvarle e ad affidarle alle cure del Centro recupero animali selvatici”. Le griglie di ingresso, inoltre, fermano anche tutti i rifiuti che vengono impropriamente gettati negli scarichi: “Troviamo preservativi, assorbenti e cotton-fioc. Tutto materiale che dovrebbe essere smaltito in altro modo, non gettato nel water”.


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