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Morto a Milano il regista Gianfranco De Bosio

L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella serata di lunedì 2 maggio, è stato dato dal figlio, l'avvocato Stefano

Foto VeronaSera

Il regista e sceneggiatore Gianfranco de Bosio, protagonista di spicco del teatro italiano del secondo dopoguerra, è morto all'età di 97 anni nella sua casa di Milano. L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella serata di lunedì 2 maggio, è stato dato all'Adnkronos dal figlio, l'avvocato Stefano de Bosio. La cerimonia funebre si terrà nella cappella di famiglia del cimitero di Verona venerdì. Nato a Verona il 16 settembre 1924, de Bosio è stato partigiano durante la Resistenza e membro del Cln provinciale veronese.

Finita la guerra, laureatosi nel 1946 in letteratura francese con una tesi su Molière con il professor Diego Valeri, de Bosio ha fondato il Teatro dell'Università di Padova: tra il 1948 e il 1952 allestì le prime moderne rappresentazioni di testi del Ruzzante e di Bertolt Brecht, allora sconosciuto in Italia. Noto per i suoi lavori di recupero filologico di alcuni testi classici, in seguito ha anche diretto con Diego Fabbri la compagnia del Nuovo Teatro. Dal 1957 al 1968 de Bosio diresse il Teatro Stabile di Torino, votandosi a un realismo ricco di sfumature. Nel corso della sua prolifica carriera ha prediletto un grande autore veneto come Carlo Goldoni, portando in scena molte commedie. Tra le sue memorabili regie "La resistibile ascesa di Arturo Ui" (1961) di Brecht e "Le mani sporche" (1964) di Jean-Paul Sartre. Nel suo teatro anche testi di autori come Riccardo Bacchelli, Giovanni Testori, A.rthur Koestler, Ugo Betti, Graham Greene, G. B. Shaw e Primo Levi.

Gianfranco de Bosio è stato sovrintendente dell'Ente lirico Arena di Verona per ben due volte (1968-69; 1993-98) e in questa veste ha molti meriti: ha potato il grande tenore Placido Domingo, ha chiamato Franco Zeffirelli alla regia di numerose opere liriche. Lo stesso de Bosio all'Arena di Verona debuttò con la regia di "Romeo e Giulietta" nel 1977, a cui sono seguite altre opere, come "Nabucco", "La traviata" e "Otello". Sempre de Bosio è stato l'artefice nel 1982 della rievocazione del grandioso allestimento dell'"Aida" del 1913, che da allora viene riproposta ininterrottamente, spettacolo campione assoluto di incassi dell'Arena di Verona.

Nel 2013 ha pubblicato il saggio "Aida 1913- 2013. Storia e immagini dell'Aida più vista al mondo" (Il Saggiatore). Nel 1963 de Bosio esordì nella regia cinematografica con "Il terrorista", un film drammatico sulla Resistenza, interpretato da Gian Maria Volonté, Philippe Leroy e Raffaella Carrà, in cui mise in risalto problematiche e contrasti interni al Cnl di Venezia, collegandoli al tema del terrorismo individuale. De Bosio è stato anche regista per la tv dirigendo le miniserie "Mosè (1974) e "Delitto di stato" (1982), oltre a spettacoli di prosa e opere liriche. Dal 1998 de Bosio ha insegnato recitazione alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano e alla Opera Academy di Verona.

In anni recenti per l'editore Neri Pozza ha pubblicato due libri. "La più bella regia. La mia vita" è l'auobiografia di un uomo di profonda e vasta cultura che ha scritto pagine rilevanti della storia della regia teatrale del Novecento. La sua vita è costellata di incontri straordinari con le massime personalità della cultura del suo tempo: dalla formazione liceale con Dino Formaggio e Alvise Dal Negro, alla guida illuminata di uomini come Egidio Meneghetti e Concetto Marchesi, negli anni tumultuosi e drammatici della Resistenza; dalla stima e dalla spinta intellettuale ricevute dai suoi professori universitari a Padova, Diego Valeri e Manara Valgimigli, alle amicizie, fecondissime sul piano artistico ma non meno fondamentali su quello umano, con Tullio Kezich, Paolo Grassi e Lele Luzzati; Marcel Marceau, Jacques Lecoq e Jean Vilar; Mario Luzi e Primo Levi, Anthony Burgess e Burt Lancaster, Franco Parenti e Luca Ronconi. Incontri, sodalizi spirituali che, uniti agli amori e agli affetti, hanno fatto della vita di Gianfranco de Bosio la sua "più bella regia". In "Fuga dal carcere" racconta l'evasione dal carcere degli Scalzi di Giovanni Roveda, figura centrale del sindacalismo italiano e bandiera dell'antifascismo. Testimone diretto della rocambolesca fuga di Giovanni Roveda, Gianfranco de Bosio rievoca l'azione di salvataggio condotta dai sei intrepidi gappisti che il 17 luglio 1944 entrarono nel carcere scaligero, prelevarono Roveda ed ebbero un duro e sanguinoso scontro armato con le guardie carcerarie. (di Paolo Martini)


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